Sism 

Società Italiana di Storia Militare
ARCHIVIO FOTOGRAFICO

 Pegasus Bridge

(Si ringrazia il Socio  Elio Susani  per il testo e le fotografie di questo articolo)

 

QUEL PRIMO PONTE.

Il D-Day del Pegasus Bridge in Normandia, Francia. 6 giugno 1944, ore 00,16.

 

Pegasus fu il nome in codice dato ad un ponte girevole e ribaltabile sul canale Caen presso il fiume Orne prossimo alla città di Ouistreham nell'alta Normandia orientale. Tale ponte era uno dei principali obiettivi affidato ad elementi della 6a Divisione Aviotrasportata britannica durante le prime fasi del D-Day ( Piano Overlord ), lo sbarco alleato in Normandia nella notte fra il 5 e il 6 giugno 1944, e denominato Operation Deadstick. Da allora il ponte ha assunto il nome Pegasus Bridge (Ponte Pegasus), a memoria dell'operazione.

Lo scopo primario della cattura del Pegasus Bridge ed aree limitrofe era quello di proteggere il fianco orientale dello scenario operativo, assicurando zone chiave come i ponti sui fiumi della zona con piccoli ma agguerriti presidi in grado di resistere ad eventuali contrattacchi tedeschi per una giornata, giusto il tempo di attendere i rinforzi a sbarco principale effettuato. Il compito venne affidato alle forze inglesi in quanto le zone d'operazioni erano prossime al più orientale dei punti d'approdo previsti, Sword Beach, laddove erano proprio i contingenti britannici, con l'operazione Neptune, a rappresentare il fianco sinistro dell'intero schieramento alleato.

L'operazione specifica prevista venne denominata "Tonga", e gli aviotrasportati britannici della 6a British Airborne divennero pertanto il primo contingente alleato ad entrare in azione nel nord della Francia appena dopo la mezzanotte del 5 giugno.

Gli obiettivi definiti erano la cattura del ponte sul fiume Orne e del 'Ponte Pegasus' sul canale Caen tra Ranville e Benouville, la distruzione di cinque ponti sul fiume Dives a est della zona di atterraggio, e la distruzione di una batteria di cannoni a Merville.

I cinque ponti sul Dives ed i cannoni vennero distrutti ( e si scoprì che invece di quattro pezzi da 150 mm si trattava di pezzi da 75mm, poco utili a battere le spiagge dello sbarco ), mentre i ponti sull'Orne e sul canale Caen vennero catturati e tenuti fino all'arrivo dei commandos di Lord Lovat nel primo pomeriggio del 6 giugno. L’Operazione "Tonga" ebbe luogo durante le prime ore del D-Day, sei ore prima che l’assalto anfibio iniziasse, e che avrebbe portato la 3ª e 5ª Brigata Paracadutisti in Normandia insieme ad un numero relativamente piccolo di alianti che recavano il HQ (Quartiere Generale) di Divisione e diversi cannoni anticarro. L'Operazione "Mallard" venne fissata per la sera del D-Day, e avrebbe dovuto portare un rifornimento di attrezzature per la fanteria della 6ª Divisione. Si riteneva che entrambi i ponti sarebbero stati minati e pronti per la demolizione, per cui era una priorità agire il più rapidamente possibile. La più vicina DZ (zona di rilascio) in cui gli incursori principali potevano prendere terra era a nord di Ranville, quasi 2 Km ad est dei ponti. Da qui ci sarebbero volute diverse ore alle prime truppe atterrate per raggiungerli, un quadro che non era possibile accettare. L'unica alternativa era un colpo di mano, un raid in grado di essere effettuato direttamente sul luogo ed all'istante.

Un lancio paracadutato non venne ritenuto plausibile in quanto le modalità della discesa dei paracadutisti li avrebbe visti dispersi su una vasta area e quindi con l'esigenza di raggrupparsi ed organizzarsi in tempi relativamente lunghi e pertanto non confacenti alle esigenze. L'incursione poteva quindi essere tentata solo per mezzo di alianti trainati sulla zona, in particolare quelli del modello Horsa (*1), ciascuno dei quali poteva trasportare un plotone completo, e quindi in grado di entrare in azione silenziosamente, di sorpresa, in tempi brevissimi.

L'incursione doveva essere effettuata dalla compagnia "D" rinforzata da due plotoni della compagnia "B" del 2° Oxfordshire e Buckinghamshire (Ox and Bucks) di fanteria leggera, che facevano parte della 6ª Divisione Aerotrasportata.

Questi uomini che sbarcarono insieme con i genieri che avevano il compito di eliminare le cariche di demolizione dai ponti poste dai difensori tedeschi, dovevano essere i primi soldati britannici ad atterrare in Francia.

L’idea del blitz, comandato dal maggiore John Howard, era quella di volare con sei alianti lignei Horsa e 181 uomini di contingente d'assalto per prendere terra in due zone di atterraggio molto precise, ciascuna situata nelle immediate vicinanze dei loro rispettivi obiettivi. Con il vantaggio della sorpresa e dell'oscurità il compito di tali unità era di prendere possesso dei ponti, eliminare la guarnigione tedesca e tenere i capisaldi contro contrattacchi fino all'arrivo dei rinforzi.

Alcuni esploratori della 22ª compagnia paracadutisti indipendente, nel contempo, insieme con un piccolo gruppo di incursori paracadutisti, si sarebbero distribuiti sugli obiettivi denominati K, DZ, N e V. I loro compiti erano di presidiare ciascuna di queste zone in modo molto silenzioso e furtivamente collocare ed attivare trasmettitori beacon "Eureka" in grado di guidare la formazione principale degli aerei che sarebbero arrivati mezz'ora dopo. Gli uomini della 5ª Brigata Paracadutisti dovevano atterrare su DZ-N, a nord di Ranville, e quindi impostare uno schermo difensivo intorno ai ponti. Quelli del 7° Battaglione avrebbero dovuto attraversare ad ovest del fiume Orne e presidiare i villaggi di Bénouville e Le Port, mentre quelli del 12° e 13° battaglioni dovevano catturare Ranville e una cresta a sud della cittadina.

La 3ª Brigata Paracadutisti doveva essere sganciata su K, DZ e V. La DZ-V a sei Km e mezzo a est di Ranville era stata assegnata al 1° e al 9° battaglione canadesi. Quest' ultimi dovevano eliminare la batteria costiera di Merville, e tra gli altri compiti avevano quello di proteggere i genieri del 3° Squadrone paracadutisti mentre distruggevano i due ponti sul Divette e sui corsi d'acqua a Varaville e Robehomme. Gli incursori dell’8° Battaglione dovevano prendere terra su DZ-K, circa 5 Km a sud di Ranville, da dove avrebbero dovuto scortare e proteggere un distaccamento di genieri verso il ponte di Troarn e altri due a Bures.

Con questi obiettivi completati la Brigata doveva riorganizzarsi, ripiegare, presidiare e tenere sotto tiro la linea dorsale che si estendeva dal bosco di Bois-de-Bavent, a cinque Km a sud-est di Ranville, fino ai villaggi di Le Plein e Le Mesnil a due Km a nord-est di Ranville.

Diverse ore più tardi, dopo aver dato il tempo ai paracadutisti di fissare le loro aree di rilascio, gli alianti che trasportavano il comando di divisione e tutti i cannoni anticarro del 4° batteria Anti-Tank con elementi del 3°Battaglione, dovevano arrivare a Ranville su LZ (Landing Zone) N, già DZ-N. Questa distribuzione avrebbe completato l’Operation "Tonga". Con la Divisione in azione a tenere premuto il fianco sinistro dell'area di invasione, e con lo sbarco verso le ore 07,30 (6 Giugno) della prima ondata di truppe inglesi sulle spiagge, si sperava che almeno verso mezzogiorno del D-Day i Commandos della 1ª Brigata di Special Services comandata dal Brigadiere Simon Chrtistopher Joseph Fraser, 15esimo Lord Lovat e Quarto Barone Lovat, sarebbero arrivati a Bénouville, (previsione abbastanza corretta), attraversare il fiume nel perimetro della Divisione ed in seguito fissare il settore settentrionale della cresta e neutralizzare il nemico nella fascia costiera nella zona di Sallenelles e Franceville Plage.

La sera del D-Day l'Operazione "Mallard" avrebbe avuto luogo portando alla 6ª Divisione aerotrasportata la maggior parte delle attrezzature divisionali, compresi i carri armati leggeri del 6° Reggimento Corazzato Airborne Reconnaissance e una batteria di artiglieria del 53° Light Artillery Regiment.

Buona parte dei contingenti erano a loro volta trasportati da alianti per poter atterrare sulla LZ-N a Ranville, ma il resto sarebbe stato depositato su LZ-W, a due miglia a nord di Bénouville, una zona ritenuta assicurata nelle mani del 1° Corpo nel momento in cui essi sarebbero giunti (*2).

Il resto della divisione sarebbe arrivato il secondo giorno dell'invasione attraversando il Canale della Manica, via mare.

6 giugno 1944, ore 00,16 circa, si lancia l'Operazione "Tonga" e fu la prima di una lunga serie di operazioni avviate nel quadro del piano Overlord. I sei alianti 'Horsa' avevano lasciato la base aerea di Tarrant Rushton nel Dorset alle ore 22,56 del 5 giugno trainati da bimotori Albemarle. Trasportavano ciascuno 30 uomini del 2° battaglione di fanteria leggera dell'Oxfordshire e del Buckinghamshire integrato alla 6ª Divisione aerotrasportata.

La discesa iniziata da circa 2.000 metri di quota venne condotta dai piloti alla perfezione. I velivoli si posarono sulla stretta striscia di terra che separa il canale Caen dall'Orne, a meno di 50 metri dal ponte girevole di Bénouville. L'aliante di testa, il n.1"Lady Irene" prese terra senza problemi alle ore 00.16, a 150 km all'ora di velocità, con tutti i soldati a bordo avvinghiati sottobraccio tra loro.

L'aliante si posò a poche decine di metri dal ponte. Gli uomini che balzarono all'esterno componevano la compagnia D della 6ª divisione aerotrasportata guidati dal maggiore John Howard. Willy Parr, soldato inglese di 22 anni, testimonia "Il pilota era riuscito a posarsi a venti passi dal ponte e due sentinelle tedesche non si resero conto di niente e l'effetto sorpresa fu totale”.

In pochi minuti il ponte venne conquistato ed il presidio tedesco (forse una decina di uomini) venne eliminato al costo di due perdite britanniche, tra cui il Tenente Herbert Brotheridge che risultò essere la prima vittima alleata del D-Day. Ma si trattò anche del primo successo alleato del D-Day. Il maggiore Howard stabilì il suo posto di comando in un caffè-balera che apparteneva alla famiglia Gondrèe. Nella stessa posizione ancora oggi vi è un caffè-ristorante. I suoi uomini resistettero ai contrattacchi tedeschi che si rinnovarono senza successo nella notte e nella mattinata seguente pur supportati da due carri armati, un Panzer IV ed un Renault R35 preda bellica : uno venne distrutto e l'altro danneggiato mediante l'utilizzo del controcarro PIAT (*3). I britannici tennero il controllo del ponte fino all'arrivo delle avanguardie dei rinforzi, che giunsero al suono della cornamusa da battaglia suonata dall'Aiutante di Lord Lovat, Bill Millin, verso le 13,30 del 6 giugno.

Oggi il ponte è conosciuto con il nome di Pegasus Bridge, in ricordo ed onore delle truppe aerotrasportate britanniche il cui simbolo era ed è il Pegaso, il cavallo alato disegnato d'azzurro in campo rosso sul loro stemma. Dal 1993 il vecchio ponte è stato dismesso e collocato a circa 200 metri dalla sua posizione originaria, ed in sua vece è stato posato in opera un nuovo Ponte Pegasus, praticamente identico ma in grado di sopportare i carichi del traffico moderno. Il vecchio ed originale ponte, dunque, rimane oggi unicamente come vero e proprio monumento storico.

Nei pressi si può visitare un Museo Memoriale che oltre a contenere armi e materiali relativi all'episodio bellico ne narra anche lo svolgimento con accuratezza.


(*1) L'Aliante Horsa. L'Horsa era un aliante da trasporto tattico realizzato con struttura in legno di vario tipo, ma principalmente balsa e compensato per garantirne la leggerezza, e caratterizzato dalla velatura ad ala alta a sbalzo e dalla capiente sezione destinata al trasporto di uomini, mezzi e materiali vari. Sviluppato dall'azienda britannica Airpeed Limited e prodotto, oltre che dalla stessa anche su licenza dalla Austin Motor Corporation e dalla Harris Lebus, per circa 3.800 esemplari in totale, sino al termine degli anni 'quaranta. La fusoliera, realizzata pure in struttura lignea, era del tipo a semi-monoscocca composta in tre sezioni imbullonate tra loro: la sezione anteriore incorporava la cabina di pilotaggio ed il portellone principale di carico merci, la sezione centrale era quella destinata all'alloggiamento delle truppe e dei loro equipaggiamenti, e la sezione posteriore incorporava l'impennaggio di coda. Quest'ultima era facilmente staccabile per consentire dopo l'atterraggio una più rapida uscita degli uomini e dei mezzi.

La cabina di pilotaggio, collocata sul naso del velivolo, era caratterizzata da due posti affiancati, per il pilota e copilota, e dotata di doppi comandi. Seguiva quindi, nella prima versione realizzata AS.51, il largo portellone incernierato in basso collocato sul lato sinistro che permetteva le operazioni di carico e scarico degli equipaggiamenti oltre che l'accesso degli uomini con le dotazioni individuali; questo incorporava anche un portello più piccolo per l'accessibilità del pilota e del co-pilota.

Nella successiva versione AS.58 il portellone fu integrato dalla possibilità di ruotare l'intera sezione anteriore, incernierata sul lato destro, soluzione che permetteva una più veloce ed efficace operazione di carico e scarico dei mezzi ruotati. Tale soluzione rese necessario un irrigidimento strutturale dell'area e l'adozione dell'elemento anteriore del carrello con ruote binate per meglio sostenere il peso aggiuntivo. Le ali, realizzate anch'esse in legno, erano montate a sbalzo e collocate alte sulla fusoliera ed incorporavano una coppia di ipersostentatori di grandi dimensioni sul bordo di uscita per ogni semiala, caratteristica che permetteva, una volta abbassati, una discesa ripida del velivolo consentendone un veloce atterraggio permettendo ai piloti di atterrare in spazi ristretti. Si poteva anche allestire una serie di tre contenitori ausiliari collocati nella parte centrale di ogni semiala. Il carrello di atterraggio era un triciclo anteriore fisso, e l'Horsa uno dei primi alianti ad adottare una simile configurazione. Durante le operazioni belliche poteva comunque essere parzialmente espulso, utilizzando per la manovra di atterraggio il solo elemento anteriore posizionato sotto la prua integrato da pattini ammortizzati situati sotto la fusoliera. Vedi foto ESPB04 41.

 

Dati tecnici:

Lunghezza 20,43 mt. Apertura alare 26,83 mt. Altezza 6,95 mt.

Superficie alare 102,6 metri quadri Peso a vuoto 3.804 Kg. , a carico 7.045 Kg.

(*2) Mappa di zona per le operazioni militari descritte. Vedi foto ESPB04 42.

(*3) Il PIAT (Projector Infantry Anti-Tank) era una tipica arma controcarro di concezione britannica ad uso della fanteria, assai macchinosa e pesante (14,5 Kg.), ma con particolari doti di semplicità ed economicità costruttive. Fu utilizzata per tutto il corso della Seconda Guerra Mondiale e pochi anni successivi dalle truppe del Commonwealth. La dotazione comprendeva sia una granata HEAT controcarro, sia esplosiva HE o nebbiogena, mentre l'alzo, con un monopiede e il mirino a tacche, era regolabile anche per le esigenze dei combattimenti nei centri abitati. Diversamente dalle simili armi anticarro coeve americane o tedesche come il Bazooka od il Panzerschreck, poteva essere utilizzata soltanto appoggiata al terreno e con il servente steso prono a terra dietro all'arma, coadiuvato perlopiù da un secondo servente porta munizioni. Sempre rispetto ad armi coeve la sua gittata era inferiore ed il range operativo efficace non superava di massima i 90 metri. La granata lanciata era però abbastanza pesante (1,36 Kg.) e poteva ottenere qualche risultato anche contro corazze frontali di carri armati medi. Il PIAT aveva comunque un punto debole proprio nel suo principio di funzionamento basato sulla forte molla d'armamento, difficilmente riarmabile manualmente. Poichè essa veniva riarmata dall'esplosione della carica di lancio, se questa falliva l'arma diventava praticamente inutilizzabile. Infatti la carica propulsiva era facente parte della granata di lancio, collocata nel codolo posteriore. Lo scatto del grilletto provocava la propulsione violenta di un mollone che andava a percuotere il codolo della granata innescando la carica di lancio. Ovviamente la possibilità che una granata fallisse l'armamento non era frequente, ma era da tenersi sempre presente; mentre con altri tipi di lanciarazzi bastava sostituire il razzo, con il PIAT bisognava anche riarmare il meccanismo, e non era affatto semplice da fare in una sessione operativa e sotto il fuoco nemico. Vedi foto ESPB04 29.

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Per approfondire in modo molto specifico l'incursione britannica sul Pegasus Bridge di Benouville consiglio la lettura di :

1) Stephen Ambrose - Pegasus Bridge . D-Day, The daring British Airborne raid - Simon & Schuster Ltd; UK edition 2016 (tradotto anche in italiano)

2) Helmut Konrad Von Keusgen - Pegasus Bridge et la Batterie de Merville - Heimdal Editions - Bayeux 2018 (lingua francese)

3) Sir Huw Wheldon - Red Berets into Normandy - Jarrold Publishing, Norwich, U.K. 1982 (lingua inglese)

Inoltre gli appassionati sanno che appartengono al celebre film Il giorno più lungo (registi vari, 1962) sequenze cinematografiche ottimamente ricostruite del raid.

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Elio Susani - Cremona - per SISM


Raccolta fotografica di Pegasus bridge